Prima di dare vita alla più famosa traduzione occidentale dell’I Ching, Richard Wilhelm lavorò alla traduzione tedesca del Tao Te Ching, che venne pubblicata per la prima volta nel 1911. Una traduzione non letterale, che cerca di trasmettere al lettore occidentale il senso del misterioso testo millenario. 
Possiamo considerare Wilhelm un Marco Polo del mondo spirituale cinese che, con la traduzione dei classici taoisti, porta fili di speranza dalla cultura orientale in un’Europa che sta sprofondando nella barbarie. Agli inizi del ventesimo secolo, Wilhelm proclama nella sua introduzione al Tao Te Ching: “i fili che inizialmente erano stati filati da Lao Tsu stano per essere intessuti nella fabbrica culturale europea”. 
Questo ponte spirituale fra oriente e occidente viene anche raffigurato in una surreale pagina, dove egli racconta lo svolgimento di una seduta spiritica in un monastero del Lao-Shan e che fu brutalmente interrotta quando lo spirito di Lao-Tsu annunciò che era stato appena chiamato da Londra (Lun) in Inghilterra (Ying) dove avevano bisogno di lui. Forse una preveggenza di quello che sarebbe stata la grande diffusione del testo in tutto il mondo occidentale. 
Per aiutarci a comprendere il Tao Te Ching, Wilhelm ci fornisce anche le preziose informazioni sul contesto storico in cui nacque l’opera e sulle principali correnti filosofiche e religiose che successivamente vi si confrontarono.

 

 

Dalla prefazione:

Gli esperti in studi sulla Cina saranno d’accordo che chiunque intraprenda una nuova traduzione del Tao Te Ching di Lao Tsu deve dimostrare di avere un valido motivo per farlo. Nessun altro testo della letteratura cinese ha suscitato così tanta attenzione e così tanti tentativi di traduzione nei secoli. Le misteriose caratteristiche e le difficoltà del testo rappresentano una sfida al pensiero e alla riflessione. E siccome il Tao Te Ching è un’opera letteraria che non è stata ben compresa neppure dagli studiosi Cinesi, il sinologo ambizioso si ritrova sempre più tentato dall’intraprendere il compito. Visto che molti uomini di lettere cinesi non ne sono all’altezza, egli pensa di avere diritto –se non riesce a fare di meglio- almeno di fraintenderlo. Questa giustificazione per una interpretazione individuale può spingersi anche oltre. È stato detto che siano state pubblicate molte disinibite traduzioni dell’opera dell’antico saggio senza essersi basati sul testo cinese ma su una interpretazione intuitiva di quello che altri – meno dotati – non siano riusciti a cogliere in termini di profondità psicologica nella loro versione inglese o francese del testo. Piuttosto stranamente, l’affinità psicologica sembra essere risultata a volte così stretta da presentare una notevole simpatia tra l’antico saggio cinese ed il pensiero dei suoi rispettivi traduttori.

 

Vedendo questa profusione di traduzioni, il lettore potrebbe chiedersi con buone ragioni perché se ne dovrebbe aggiungere ancora una al loro numero. Sono stato spinto a pubblicare questa nuova versione per due ragioni. La prima costituisce proprio il principio sottostante a questo lavoro. Tra i tanti documenti della filosofia e della religione cinese, questo breve testo, sorgente di così tanta influenza, non può essere ignorato – anche se solo le sue parti più importanti devono essere rappresentate, come è previsto qui. Inoltre, ponendo il testo nel suo reale contesto storico e filosofico vi sarà gettata sopra una nuova luce capace di chiarire e correggere molto di quello che risulta strano e incomprensibile quando lo si osserva in modo isolato. La seconda ragione è che pare una buona idea che, dopo così tante interpretazioni moderne, l’antico saggio cinese possa dire la sua.

La letteratura su Lao Tsu è considerevole. Lavorandoci sopra, ho trovato il numero delle cose che sono state dette su di lui miseramente scarso in proporzione alla assoluta quantità di quello che è stato scritto. Infatti si scopre che certi elementi comuni passano da un libro a tutti i successivi, in parte per divulgarli e in parte per confutarli. Data questa situazione, sembra inutile compilare ancora un altro testo da uno esistente: sembra molto più utile attingere direttamente alla letteratura cinese. Per questa ragione sia la traduzione del Tao Te Ching che i commenti sul testo sono basati su fonti cinesi.

 

Allo stesso tempo non si è pensato di tralasciare nessuna delle questioni più importanti delle continue discussioni sul Tao Te Ching. In certe circostanze però anche il silenzio è un tipo di riconoscimento, in particolare dove lo spazio disponibile non permette al traduttore di scendere in dettagli, e dimostrare il suo punto di vista. È significativo che nuove scoperte vengano fatte quasi ogni giorno riguardo a Lao Tsu, e avrei potuto essere tentato dal proporne ancora una. Invece ho portato avanti molti punti che ad alcuni possono apparire superati. Altri problemi invece, che si sarebbero voluti affrontare in modo risolutivo, si sono dovuti lasciare irrisolti. Ma così vanno le cose al mondo; non si riesce a soddisfare tutti.

Nel complesso ho dovuto dedicare molte ore felici di contemplazione al mio lavoro su questo breve testo cinese, e se questo tentativo di nuova traduzione porta lo stesso piacere al suo lettore non sarà stato invano.

 

Qingdao, 1 Dicembre 1910

Richard Wilhelm

 

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